lunedì 21 gennaio 2008

Pensieri...lavorativi 2




Ognuno di noi cerca di trovare le soluzioni (giustamente) ai propri problemi.
In questi giorni, mi è capitato di leggere più volte, su diverse riviste, le probabili soluzioni (personali) di opinionisti riguardo ai problemi del mondo del lavoro.
Alcuni opinionisti sono sempre e soltanto lamentosi, e qui mi pare inutile parlarne; poi c'è
P.Ichino che parla del forte dualismo tra lavoratori (tra cosiddetti "insider" e "outsider") nel nostro mercato lavorativo.
La soluzione meglio auspicabile, per Ichino, sarebbe un unico contratto di lavoro per tutti i lavoratori dipendenti e disciplinato in modo che siano garantite:
1)la necessaria fluidità nella fase di accesso al lavoro dei giovani
2) una ragionevole flessibilità nella fase centrale della vita lavorativa, secondo i migliori standard internazionali
3) peso in uguale misura per tutti.
La sua soluzione sarebbe, quindi:
"...La riforma potrebbe, per esempio, consistere in questo: per tutte le nuove assunzioni che avverranno d'ora in poi si sostituisce l'attuale «giungla dei contratti» con un solo contratto a tempo indeterminato, che prevede un periodo di prova di sei mesi oppure otto, come ora in Francia - con un forte sgravio contributivo sotto i 26 anni. Dopo il periodo di prova, l'articolo 18 dello Statuto si applica soltanto per il controllo dei licenziamenti disciplinari e contro quelli discriminatori o di rappresaglia.
Per i licenziamenti dettati da esigenze aziendali è invece soltanto il costo del provvedimento a proteggere il lavoratore e a penalizzare l'impresa che ne fa abuso: chi perde il posto senza propria colpa ha sempre automaticamente diritto ad un congruo indennizzo, crescente con l'anzianità di servizio in modo che la protezione sia più intensa nella parte finale della vita lavorativa; e ha diritto ad un'assicurazione contro la disoccupazione disegnata secondo i migliori modelli scandinavi, con premio interamente a carico dell'impresa, che si aggrava al crescere del numero dei licenziamenti..."
C'è stato poi, un articolo che mi ha colpito in particolare, ed è quello di S.Zecchi.
Vi confesso che inizialmente questo pezzo mi ha fatto infuriare, innanzi tutto per l'utilizzo, a mio avviso incongruo, della parola precarietà. Visto che lui parla di libertà, mi son detta, come è possibile unire alla parola precarietà, la parola libertà?
Inoltre, ci sono certe demagogie (sempre, secondo me) riguardo alla sua definizione di società socialista, ecc.
A parte i personali punti di vista diversi, mi sono piaciute, però, alcune sue considerazioni che qui riprendo e commento.
Zecchi afferma che le generazioni precedenti hanno saputo scommettere sul loro futuro, mentre oggi
"... sono andate perdute la tensione, l’aspirazione ad una vita migliore: appunto, la scommessa sul futuro, malinconicamente sostituita da un calcolato opportunismo che non stimola a migliorarsi, ad andare avanti, cercando la libertà, rischiando sempre di nuovo sul futuro.Il mondo è cambiato in fretta e oggi sta provocando un vero disastro generazionale. I giovani dovrebbero essere, per definizione, quelli più aperti alla sfida del futuro, più disponibili a rischiare. Chi è a contatto con loro non ha difficoltà ad accorgersi che molti sono invece quelli impauriti dall’avvenire, senza sogni da realizzare, senza speranze da esaudire. Troppo illusori gli uni, troppo pericolose le altre. Meglio il rifugio di un impiego modesto, purché sicuro. E così si distrugge la parte migliore di un giovane: l’amore per la libertà, una libertà che va cercata anche nella precarietà. Proprio questa è la parola che terrorizza: le precarietà è vissuta come un’aggressione alla propria identità. Prima ancora di essere un problema di natura economica, l’idea negativa del lavoro precario è il frutto di una mentalità vecchia, che scambia la sicurezza del posto per una garanzia contro le insidie del futuro, che accetta di barattare la libertà per un impiego fisso...."
Mi sono chiesta: possibile che abbiamo tanta paura del futuro, abbiamo paura di rischiare! Perchè? Magari ne conoscessi la risposta...!
Bauman sostiene che la "Paura" è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla nostra ignoranza della minaccia, o di ciò che c'è da fare.
E allora? Mi rendo conto, con i tempi che corrono, che non è facile affermare che bisogna ricominciare, veramente, ad inseguire i nostri sogni...
Tuttavia, lo dico lo stesso.



Vivere senza tentare, significa rimanere con il dubbio che ce l'avresti fatta. (Jim Morrison)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Forse Zecchi esagera un po in un senso.
Ma quel che dice è una verità: dobbiamo credere che i nostri sogni diventeranno reali, per riuscire a far si che lo inizino a diventare.

:-)

Anonimo ha detto...

Permettici una piccola digressione:

"Un Paese - da 40 minuti - senza maggioranza, un Paese senza Governo.

Speriamo che i prossimi che verranno, di qualsiasi colore essi siano, riescano a fare meglio - sarà difficile fare peggio d'altronde."

Ladypiterpan ha detto...

Già..., ma ci si riuscirà con questa legge elettorale "porcellum"?

Anonimo ha detto...

Per noi si, vista l'alta partecipazione prevista al voto della destra, e l'alta astensione al voto prevista della sinistra.

:-)

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