lunedì 15 dicembre 2008

Caro Parlamento nell'edizione del TG3 del 16/10/2008

Vi invito a seguire questo documentario che sarà proiettato a Roma presso il Cinema Aquila, gratuitamente, il 16 Dicembre alle ore 20.30. Anche io ho partecipato...

Martedì 16 Dicembre al Nuovo Cinema Aquila
Via Aquila 66/74
proiezione gratuita del documentario di Giacomo Faenza

Caro Parlamento e altre Favole Meravigliose

L’evento sarà preceduto da un incontro con l’autore, con l’ex Ministro del Lavoro on. Cesare Damiano e con il Direttore Editoriale de Il Tempo Roberto Arditti.


"Il documentario di Giacomo Faenza Caro Parlamento, dà voce all'impegno dei giovani ad animare i principi fondamentali della Costituzione repubblicana.”
Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica

"Caro Parlamento, ipnotico documentario che suscita un groviglio di sentimenti inattesi"
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

"Caro Parlamento, un`idea semplice ma geniale."
Gabriella Gallozzi, l`Unita`

"Ecco la grande idea del regista, far parlare gli unici che nessuno ascolta"
Boris Sollazzo, Liberazione


Prodotto dalla Jean Vigo Italia e presentato all’ultima edizione del Festival “Cinema e Lavoro” di Terni dove ha ricevuto applausi a scena aperta, “Caro Parlamento” è un documentario sui giovani e il lavoro nell’Italia di oggi.

Sviluppato in un arco narrativo di 9 differenti capitoli, presentati sotto forma di favole, “Caro Parlamento” è stato realizzato selezionando e intervistando 158 cittadini italiani di età compresa tra i 20 e i 40 anni.

"Caro Parlamento" che ha ricevuto l’apprezzamento e il sostegno morale del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha l'ambizione di dare un volto al problema del precariato e alle sue tante implicazioni. Tante e urgenti le domande poste dai protagonisti del documentario, rappresentativi di una parte della società italiana che oggi ha meno di 40 anni. Prendendo spunto dai primi articoli della Costituzione, il documentario ne indaga la messa in atto e le promesse non mantenute, anche con l’obiettivo di riannodare il filo tra giovani e istituzioni.

La proiezione verrà aperta da un incontro-dibattito a cui prenderanno parte oltre al regista Giacomo Faenza, anche l’on. Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e Roberto Arditti, direttore editoriale del quotidiano Il Tempo.


La proiezione è aperta al pubblico ed è gratuita. Inizio alle 20.30

mercoledì 5 novembre 2008

Vento di cambiamento...




A quando il "Sogno Italiano"?

venerdì 24 ottobre 2008

Un appello...



E' con grande dispiacere che riporto un accorato appello dei ricercatori di una grande azienda farmaceutica, con sede a Pomezia, che fa(ceva?) ricerca, la Irbm.
Se accade questo, credo che la ricerca scientifica-farmaceutica in Italia è, veramente, ormai alla frutta...(Chissà se sarà contento Garattini, visto che odia le aziende farmaceutiche...)

“Dopo 18 anni di attività l’azienda farmaceutica Merck & Co. ha deciso, nell'ambito di una strategia di riorganizzazione, di chiudere il suo centro di ricerca in Italia, l’Istituto di Ricerca di Biologia Molecolare P.Angeletti (Irbm) di Pomezia. L'Irbm dipende amministrativamente da Merck Italia, ma è parte integrante del Network di ricerca della divisione Merck Research Laboratories della Merck & Co”. Inizia così la lettera aperta che i 192 ricercatori della Irbm di Pomezia hanno indirizzato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a quello del Consiglio Silvio Berlusconi, al presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e al presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. “L’Irbm, inaugurato da due premi Nobel italiani, Rita Levi Montalcini e Renato Dulbecco, è un posto unico nel suo genere nel nostro Paese – continuano i dipendenti -. Siamo un istituto di ricerca che è riuscito ad attrarre le migliori competenze italiane ed estere per contribuire allo sviluppo di farmaci innovativi. Tra questi Isentress, un farmaco che sta rivoluzionando la terapia dell'Aids e che ha recentemente vinto il prestigioso premio Galien, (considerato come il premio Nobel per i farmaci) e Zolinza, un nuovo trattamento per le leucemie. Per effettuare queste ricerche l’Irbm dispone di una struttura modernissima dotata delle più sofisticate attrezzature, oltre che di uno staff di 192 ricercatori, tra cui un'alta percentuale di donne, provenienti dai migliori laboratori di ricerca del mondo, con un indotto di circa 100 persone tra personale amministrativo e tecnico altamente qualificato”.

“Oltre ai suoi indubbi successi commerciali nella ricerca applicata (nei prossimi anni i prodotti dell’Irbm contribuiranno con oltre un miliardo di dollari agli introiti della Merck), nei suoi 18 anni di esistenza – sottolineato i ricercatori di Pomezia - l’Irbm ha generato innumerevoli brevetti italiani e internazionali, ha contribuito alla formazione di dozzine di studenti e dottorandi, all’avanzamento della ricerca di base con centinaia di pubblicazioni sulle più prestigiose riviste scientifiche del mondo e all’organizzazione di decine di convegni e congressi internazionali. Ora, nei piani della Merck, tutto questo patrimonio tecnologico e di conoscenze dovrebbe essere smantellato. Un pezzo di Italia che si distingue a livello internazionale, dovrebbe scomparire. Abbiamo bisogno di capitali. Abbiamo bisogno di partner che credano nel nostro progetto e che siano interessati ad investire nello sviluppo di medicine innovative per la cura dei tumori e delle malattie virali. Siamo speranzosi che un intervento istituzionale possa facilitarci l’accesso a finanziamenti privati o pubblici che ci permettano di realizzare il nostro piano industriale, di mantenere posti di lavoro altamente qualificati e di continuare a dare il nostro contributo all’immagine di un’Italia che investe in tecnologia e sviluppo mirando a debellare malattie gravi che affliggono la nostra società”.

domenica 28 settembre 2008

Il luogo di lavoro ideale

Ho cambiato un po' l'aspetto del blog, dopo il primo anno faccio le prime ristrutturazioni...

Ho voglia di cose nuove, anche perche', in questo periodo, si sente sempre parlare dei lavoratori di Alitalia (con tutto rispetto per loro....) come se solo loro avessero i problemi...

Secondo una ricerca, la Cass Business School di Londra, nell'ambito di un'indagine internazionale sulla soddisfazione del proprio lavoro, descrive gli italiani ben poco motivati, non soddisfatti del proprio ruolo, mediamente cinici, e al top della classifica dei più nevrotici lavoratori del mondo, al limite della frustrazione, al 5° posto, subito dopo Giappone e prima della Russia.

Girovagando poi nella rete mi sono fermata a riflettere su quanto scritto da un certo sig. Giorgio su Job24, sul luogo di lavoro ideale:

.......Il mio luogo di lavoro ideale dovrebbe avere queste
caratteristiche:
_molto spazioso _pavimento in parquet _soffitti alti _open
space che
facilita la comunicazione con i colleghi _sedie comode _grandi vetrate _vicino a
casa, max 10 minuti a piedi _all'interno di un parco (che dovrei attraversare,
10 min a piedi da casa) _musica bassa all'interno per chi la desidera _ampi ed
accoglienti spazi ristorativi interni _parcheggi a disposizione per tutti
_facilitazioni x chi ha bambini piccoli (nursery interna)
_fisioterapista/osteopata a disposizione 1 volta la settimana Mancano solo
colleghi/capi simpatici e siamo a posto....

Chissa' come la penserebbe il suo datore di lavoro....

martedì 9 settembre 2008

Il piacere di lavorare...

Dopo la pausa estiva mi sento in pieno di energia e voglia di fare. Questa ri-carica energetica mi piacerebbe tanto trovarla nelle aziende per cui lavoriamo...
Mi spiego meglio...
Durante l'estate, sono andata alla ricerca di informazioni su Aziende in cui si mette al centro il lavoratore, inteso come persona "pensante" e non come semplice esecutore. Non è che abbia trovato tanto materiale in giro, e a detta anche di tanti lavoratori, quasi tutti (peccato) i dipendendenti si sentono dei cani bastonati...
Chissà quando si arriverà, all'interno delle aziende, a trasmettere entusiamo e passione a tutti i livelli! Chissà quando si capirà, realmente e non teoricamente, che, la fiducia tra capi e dipendenti, garantisce uffici eccellenti e produttivi.
Chissà quando si capirà che più non esiste gerarchia all'interno di un'azienda e più si è responsabili...
Utopia parlare di organizzazioni orizzontali, o a stella marina (termine che a me piace tanto) e non più di organizzazioni piramidali?
Il mondo va avanti e se vogliamo avere il meglio dal futuro, apriamo i nostri orizzonti, ampliamo la nostra visione, in tutto... dalle piccole cose alle grandi...
Forse qualcuno penserà che le ferie mi hanno dato alla testa... tuttavia le aziende che hanno guardato oltre, sono già le prime al mondo...
Guardiamo questo video, e sogniamo (o meglio rendiamolo reale in Italia quanto prima) ....

domenica 3 agosto 2008

BUONE VACANZE


Anche per quest'anno sono arrivate le vacanze....

Godiamo ogni minuto di esse per ritemprarci...

Buon Relax a tutti!!!

lunedì 21 luglio 2008

Speranza di futuro cercasi...

E’ un periodo strano per me, ho l’impressione di vivere in un Paese sonnecchiante che non ha la voglia (o forse il coraggio) di svegliarsi.
Dove sono le nuove idee? Le idee innovative che dovrebbero sollevare le sorti di questo nostro Paese?
Ho l’impressione che il nostro governo e i nostri dirigenti non ce l’abbiano queste nuove idee…
Ecco perche’ sulla stampa sono solo risaltate le notizie gossip! Fa piu’ notizia parlare della manifestazione di IdV con le frasi della Guzzanti o le idee idiote del senatur, che per fare audience tra i suoi adepti, parla male dell’inno nazionale o dei docenti meridionali?
Ogni tanto mi fermo un attimo e mi chiedo se e’ possibile che succedano queste cose….
Ma veramente, noi italiani, siamo fatti cosi’?
Quando cominciamo a ragionare con la nostra testa ?
Boh… sto vivendo in un Italia sonnecchiante, che tira avanti, per inerzia, perche’ la vita continua…
Mi pare di essere arrivati alla deriva…Si ha paura del nuovo, del diverso…
Mi sento succube di un sistema ed incapace di far sentire la mia voce…
Saro’ arrivata alla frutta???
Forse si, il punto e’ che, mia figlia non l’hanno presa alla materna statale per mancanza di posti, devo fare un controllo ecografico ed alla ASL mi hanno prenotato l’esame a Dicembre, la benzina aumenta ogni giorno, ecc..
Quando saremo, insieme, pronti ad alzare la voce e farci sentire?
Quando, i cosiddetti, precari faranno lo stesso?
Per adesso, sta vincendo sovrana, la stampa che addormenta, dolcemente, la nostra coscienza con le sole notizie mielose dell’estate e con le notizie che incutono la paura del diverso...

lunedì 30 giugno 2008


Riporto questo articolo che mi ha fatto tanto "tristemente" riflettere.

Mi chiedo, a questo punto, dove andremo a finire....


"Oltre al reportage che tanto ha fatto parlare l'Italia questa settimana sulle intercettazioni politici-Rai, nell'ultimo numero de L'Espresso in primo piano anche un'indagine molto interessante sull'ingresso nel mondo del lavoro da parte dei neo-laureati. Che, ve lo diciamo subito, sono dei poveri diavoli, perchè hanno studiato sì ma, secondo le aziende, non sanno fare un bel niente.Partiamo da un dato: la crescita economica dell'Italia è all'ultimo posto in Europa e non bastano le tasse (solo per chi le paga, certo), gli sprechi di denaro pubblico e i veti dei sindacati. C'è di più: siamo il paese che assume meno laureati di tutti. Secondo l'indagine sarebbe innanzitutto cambiato la dimensione del lavoro: una volta la famiglia alto-borghese faceva studiare ingegneria al primogenito perchè rilevasse e mandasse avanti l'azienda, giurisprudenza al secondo affinchè ne rappresentasse gli affari legali. Oggi non vale più, gli ingegneri assunti ogni anno sono 4mila (la metà che in Francia, un quarto rispetto alla Germania) e persistono le aziende a carattere familiare. Persistono finchè il mercato non le stroncherà e loro incapaci di risollevarsi non potranno fare altro che chiudere bottega. Solo grazie all'innovazione, potrebbero pensare di salvarsi: innovazione significa tante cose, progresso, aggiornamento, coraggio o più semplicemente menti e forze fresche. Il problema è che le aziende di media-piccola grandezza rappresentano il grosso in Italia: ed è il carattere familiare delle stesse la vera zavorra. Guai a chiamare manager e dirigenti capaci da fuori se il figlio di turno non vuole mal figurare, non vuole in qualche modo essere messo in discussione e il bassissimo numero di assunzioni dipende anche da questo fattore. La meritocrazia diventa parola fuori-vocabolario e le industrie si difendono spiegando che è colpa del sistema d'istruzione, vecchio e stantio, a non preparare i giovani laureati per il mondo del lavoro. Ecco perchè gli stage sono visti bene: in primis perchè un giovane entra in azienda prima, in secondo luogo perchè, parliamoci chiaro, della cultura personale non frega niente a nessuno.Conta sapersi vendere, dare tutto e anche oltre, lavorare in gruppo senza creare difficoltà. Io ti prendo, ti provo, ti spremo: se le tue capacità mi costano troppo ti mando a casa e prendo un altro. L'altra nuova dimensione sono i professionisti per forza. Gente cioè che per lavorare è obbligata ad aprire partita iva: perchè le aziende non assumono più, togliendosi così ogni responsabilità. Aprire partita iva costa soprattutto nel mantenerla nel tempo: non solo si dev'essere capaci a fare il proprio lavoro ma anche diventare manager di se stessi. Per non perderci dei soldi, per non rivolgersi ad altri professionisti desiderosi di 'darti una mano'. E se vogliamo aprire la discussione a tutte qui dottori in materie umanistiche che proprio non sanno che pesci pigliare basti pensare ai tanti laureati in lingue, costretti a prendere lavori di interpretariato magari nella cameretta di casa oppure emigrare all'estero ad insegnare la madrelingua in un altro paese. Oppure accontentarsi di prendere ciò che passa al convento, malpagati, senza ferie e soprattutto non facendo ciò per il quale avresti studiato.Secondo l'istat solo il 50% dei laureati 'brevi' e il 58% di quelli con laurea vecchio ordinamento fanno un lavoro coerente con ciò che hanno approfondito nella loro carriera. Di sicuro i più penalizzati sono proprio quelli che hanno scelto discipline umanistiche che però possono anzi potevano partecipare a qualsiasi concorso con buone speranze di assunzione. No, non vale più: perchè oggi oltre alla laurea è richiesta la conoscenza certificata di una lingua (quindi corso extra-ateneo a pagamento) e uno o più master (a pagamento). E per insegnare la Sis, che negli altri paesi dell'Ue non esiste e in Italia riempie enormi sacche di precari, desiderose di picchiarsi per una cattedra di sostegno.E se per il concorso per 404 posti da impiegato (udite, udite!) all'Inail si sono presentati in 20mila, capite bene che gli spiragli sono pochi o nulli. Il posto fisso è utopia perchè gli ingressi nel settore pubblico sono bloccati da anni e, diciamolo una buona volta, il 70% (e sono stato buono!) dei posti è già destinato a mogli, figli, amici, cugini di chi muove i fili. Ed è sinceramente l'ora di finirla."

Che ne pensate?

martedì 17 giugno 2008

L'asta al ribasso del lavoro intellettuale

D’accordo di dare alle imprese la flessibilità di cui hanno bisogno, ma arrivare addirittura a leggere in un bando di concorso, come criterio di valutazione, questo: - ribasso compenso professionale ....……………………….max punti 10
mi pare, veramente, il massimo della esagerazione!
Requisiti: Laurea in Statistica o in Economia,
- esperienza specifica acquisita nell’ultimo quinquennio
in progetti o programmi analoghi a quelli oggetto dell’incarico, con particolare riferimento all’economia Inserisci linkdella provincia di Bologna.
Per il bando, leggete qui
Questo e’ il bell’esempio del nostro Paese che sa valorizzare i propri talenti, giusto?
Agli studiosi di economia, forniti di competenza altamente specializzata, il compenso, (uso le parole del bando di concorso) per un anno di lavoro, sara’ di 18.000 Euro lordi, che potra’, anche, essere piu’ basso grazie all’innovativa idea di trattare il lavoro intellettuale e, quindi il lavoratore, come una merce da aggiudicarsi in una gara d’appalto al ribasso!
Bella idea, vero? Mi pare che fino ad ora non ci aveva ancora pensato nessuno…
Sara’ forse l’inizio di una nuova era? Mi chiedo se e’ legale tutto questo o se e’ solo un’ ulteriore fantasia interpretativa della Legge Biagi…
Riflettiamoci….

venerdì 13 giugno 2008

Pensieri lavorativi....




Navigando nella rete mi sono soffermata su questa notizia, quella del rapporto sui diritti globali 2008 presentato da Cgil, Arci, Cnca, Gruppo Abele e Antigone e Forum Ambientalista.
Nel 2006 - si legge nel Rapporto - le assunzioni a tempo determinato hanno superato per la prima volta quelle a tempo indeterminato: 196mila contro 186mila su 320mila nuovi posti di lavoro e l'Istat dice che nel 2007 i lavoratori a termine erano 2 milioni 269mila per la maggioranza donne, mentre i lavoratori a tempo parziale erano 2 milioni e 421mila per quasi quattro quinti donne.
Questi i fatti, e allora?
Non è certo combattendo, a tutti i costi, queste nuove forme di lavoro che si risolve il problema, anzi…Rendiamo, allora, sì Flessibile il lavoro ma con le dovute sicurezze.
A me piace molto il modello del contratto unico di lavoro proposto tempo fa da Ichino (leggi qui ).
Basta poi, come dice sempre Ichino, al consolidamento del dualismo fra protetti e non protetti, e puntare su di un nuovo modello di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, capace di dare alle imprese la flessibilità di cui hanno bisogno, ma recidendo alla radice il fenomeno del precariato permanente.
Rivedere l’art. 18? Perché no se questo può aiutare più lavoratori. Anche perché, sempre secondo Ichino, l'articolo 18 dovrebbe continuare ad applicarsi per i licenziamenti disciplinari e contro quelli discriminatori, o per rappresaglia. È sui licenziamenti per motivi economici od organizzativi che occorre introdurre una tecnica protettiva diversa, di tipo nord-europeo.
Un esempio nord-europeo? (Leggi qui).
Cosa succede qui da noi quando un’azienda è in crisi, invece? Parte la C.I.G., ossia l’anticamera dei licenziamenti.
Bisognerebbe, invece, utilizzare i soldi pubblici per Riqualificare il lavoratore, anche a 50 anni, per ricominciare con un nuovo lavoro.
Riqualificare per Ripartire! Questo dovrebbe essere lo slogan. Basta solo con l’assistenzialismo. E.F. Schumacher, ha scritto: “Dai a tuo figlio un pesce: mangerà oggi; insegnagli a pescare: mangerà ogni giorno.”

domenica 1 giugno 2008

Discussione interessante...


Per chi dovesse trovarsi a Torino il 5 Giugno prossimo, segnalo questa presentazione del libro qui a fianco.
A discutere del libro insieme all’Autore sono chiamati due giovani, ovvero due appartenenti ad una delle categorie più penalizzate dalle inefficienze dello Stato, entrambi impegnati su questi temi: Antonio Marco D’Acri, che porterà il punto di vista dell’economia, e Augusta Montaruli, che porterà il punto di vista del diritto.
Moderera' l'amico Riccardo De Caria
Per tutte le informazioni leggete qui

lunedì 26 maggio 2008

Ancora sugli straordinari...

Secondo i consulenti del lavoro ( fonte Labitalia) , il vantagggio fiscale con la detassazione degli straordinari e premi di produttivita ammonterebbe a circa mille euro.
Gli esempi elaborati riguardano lavoratori di 3 grandi città italiane: Roma, Milano e Napoli. E anche due fasce di reddito: 20.000 e 30.000 euro annue. Il vantaggio fiscale massimo sarà di circa 1.000 euro, conteggiando non solo il risparmio per l'aliquota applicata più bassa (10%), ma anche l'importo delle detrazioni per lavoro dipendente, che saranno più alte risentendo del più basso reddito imponibile (decrementato dei 3.000 euro).
Questi i benefici di questa manovra, che mi pare siano gli unici, considerando tutto quello che si legge in giro per la rete e le varie testate giornalistiche.
Oggi mi ha molto colpito leggere questo su il Giornale:
" La detassazione degli straordinari, inoltre riduce l'area della precarietà non perché stabilizza i lavoratori ma solo perché riduce l'occupazione. Molte aziende, infatti, non avranno più convenienza ad assumere persone con contratto a termine potendo trasformare quel lavoro precario in lavoro straordinario degli occupati a tempo indeterminato. La nostra non è la sciocca ricerca del capello nell' uovo. Vogliamo solo ricordare che queste misure, che pure hanno un valore in sé, possono avere effetti paradossali (riduzione dell' occupazione) se non sono inserite in un quadro di crescita economica diversa da quella che vediamo da 14 anni a questa parte (il tasso di crescita italiano è meno della metà di quello dei Paesi dell'Europa comunitaria)."
Allora, dopo il contentino ai lavoratori tipici, giungerà, finalmente, il momento dei cosiddetti paria - (come dice Ichino) che oltre all’Irpef pagano anche l’Irap, e se non sono iscritti a un Albo professionale, pagano anche il contributo previdenziale all’INPS del 24,7%.?
Non ci resta che stare con gli occhi ben aperti...e sperare...




domenica 18 maggio 2008

Gli straordinari...


In questo periodo non si parla d'altro che della detassazione sugli straordinari e premi di produzione. Troviamo da una parte il popolo che ne decanta le lodi (il governo), di contro alcuni economisti che sottolineano i lati negativi. E i lavoratori che ne pensano?
Ascoltando gli umori delle persone "semplici" e leggendo i giornali, scopro che poi, in realtà, solo una parte di lavoratori sarà direttamente interessata. Ci saranno delle limitazioni d'accesso; molto probabilmente saranno esclusi i quadri e dirigenti, chi ha un reddito di 30-35 mila euro l'anno e, quasi tutti (forse sarà aperto solo ai dipendenti "front-office), i dipendenti del pubblico impiego (chissà se tutti i gli elettori saranno contenti, anche perchè in campagna elettorale non mi pare che si parlava di esclusioni, però - lasciatemelo dire - siamo un popolo che ancora crediamo alle favole...elettorali...).
A parte queste precisazioni, l'idea della detassazione non mi fa impazzire. Penso, infatti, che questo sia il solito contentino immediato da dopo-elezioni e non da programma di crescita a lungo termine.
E' così che risolviamo il problema del lavoro e dei bassi salari?
Chi mi dice che in questo modo i datori di lavoro (quelli disonesti?!) non contrattino con il lavoratore un orario di lavoro più breve ( e quindi con con una contribuzione di base più bassa) per poi aumentare il ricorso al lavoro straordinario?
Inoltre, a prescindere dalla necessità di ognuno di noi di guadagnare di più, siamo veramente disposti a ridurre il nostro tempo libero?
100 euro in più o in meno al mese valgono realmente la perdita di un'ora al giorno trascorsa, ad esempio, con la propria famiglia o anche solo un'ora per stare solo con se stessi?
E' proprio esatta, poi l'equazione che chi lavora più a lungo produce di più?
Chissà perchè allora non facciamo più figli, non trasmettiamo "i valori" ai nostri figli, ecc.
Forse sarebbe molto più utile avere maggiori deduzioni o detrazioni sui nostri redditi...in particolare per i giovani (che tra l'altro, avendo la maggior parte di lavori atipici, sono anche quelli che non hanno diritto agli straordinari...).






mercoledì 7 maggio 2008

Il punto di partenza...sul lavoro



Ho qui voluto riportare, in video e in par condicio, i programmi elettorali (riguardo la tematica sul lavoro) dei nostri leaders parlamentari per ricordarci il punto di partenza del prossimo esecutivo.


Gli auguro buon lavoro... per tutti...



mercoledì 30 aprile 2008

C'è qualcosa di nuovo...


C'è qualcosa di nuovo e interessante nella rete....

Leggete questo articolo Current...TV e questo.

domenica 27 aprile 2008

Diario




"...Candidarsi oggi è come passeggiare di notte in un bosco infestato dai lupi, dai fantasmi e dalle piante carnivore..."
Parto da queste parole, di qualche post fa, per descrivere la mia breve esperienza di campagna elettorale. Ringrazio, prima di tutto, le persone a me vicine che hanno condiviso le fatiche e le gioie di questo mese appena passato. Non sono diventata consigliere municipale, ma questo non mi rattrista anche perchè (lo confesso) sarebbe stato un miracolo il contrario!(per la cronaca ho avuto 52 preferenze...e per me è già un successo).
La campagna elettorale non s'improvvisa, ma si pianifica per tempo (non in un mese per intenderci).
Quante cose potrei raccontare di questi giorni e quante persone ho conosciuto... Sono contenta di aver fatto quest'esperienza, mi ha arricchito tanto e, nonostante quello che si dice in giro, credo fermamente che fare politica (come dice Alessandra -consigliere nominata e, tra l'altro, unica donna eletta nel consiglio oltre la presidente) è una splendida esperienza civile ed umana. Qualcuno penserà che la politica è schifosa, sporca, ecc. Sarà anche così, ma da chi è fatta la politica? Chi è che vota i politici? Ci sono troppi politici vecchi? Ma dove sono i giovani?
I giovani sono quelli che hanno votato di meno... Basta vedere che fine hanno fatto le liste "under 30" (mi sono sembrate solo liste "contentino"...). Ci sono poche donne in politica, ma dove sono le donne "candidate"?
Non voglio fare retorica, però... abbiamo quello che ci meritiamo.
Mi dico sempre che vorrei cambiare il mondo... Penso che l'unico modo per poterlo fare è cominciare a cambiare me stessa... Cominciare a cambiare le mie cattive abitudini, diventare meno egoista e meno attenta (sempre e solo) a me stessa. Cominciare a condividere con gli altri le mie idee, le mie risorse, i miei successi e gli insuccessi. Se lo facessimo tutti noi, secondo voi, cambierebbero anche i nostri politici?

domenica 20 aprile 2008

Addio, caro amico...

Riprendo a scrivere sul mio blog con delle parole che non avrei mai voluto dire...

Sono nel più profondo sconforto per la perdita improvvisa di un giovane amico, solare e generoso.
Conserverò il ricordo del suo amore per il liberalismo, della sua autentica e limpida passione politica e civile.
"Oggi, 20 aprile 2008, è scomparso all'età di 28 anni Giuliano Gennaio. Giuliano è stato un vero liberale, un professionista bravissimo e di enorme valore intellettuale. Da promotore nazionale di Coalizione Generazionale e negli altri suoi numerosi incarichi politici, ha sempre donato le proprie capacità e il proprio entusiasmo alla battaglia per una nuova Italia, con passione sincera e intelligenza. Guardava lontano, trasformava in realtà progetti che sembravano impossibili, immaginava e voleva un futuro migliore per il nostro paese.
Ma Giuliano, per molti di noi, era prima di tutto un caro amico, un punto di riferimento quotidiano, una persona umana, simpatica, creativa, leale, costruttiva, profonda. Averlo perso all'improvviso, così giovane, ci procura un dolore immenso e un forte senso di ingiustizia, di assurdità per una vita che è stata troppo breve eppure così straordinaria.
Abbiamo condiviso con Giuliano Gennaio un pezzo di strada fondamentale della nostra esistenza, sentiamo nel cuore la fortuna e l'onore di averlo conosciuto. Da oggi siamo diversi, una parte di noi se ne è andata e un'altra è cambiata. Ne porteremo dentro la memoria e avanti le idee, cercheremo di realizzarle come avrebbe fatto lui.
Addio, Giuliano, sei stato un grande giovane."

sabato 15 marzo 2008

Riflessioni

E' da un pò di giorni che sento di trascurare questo mio blog. Non è perdita di entusiasmo, bensì (mi sono resa conto solo adesso) non ho più tanto tempo.
Il tempo....già, quello che, ormai ,chiunque pagherebbe qualunque cifra per averne di più...
Quando ero all'Università, ricordo che mi divertivo a clonare i ricci di mare... (meno male che non ho più fatto la ricercatrice...) e, oggi, mi piacerebbe clonare me stessa.
Visto che non è, ancora possibile, ho deciso che "trascurerò" per un mese questo blog, in quanto, quel poco tempo rimastomi tra i miei mille impicci, lo dedicherò alla mia famiglia (ho anche io un marito ed una figlia che mi reclamano, - spero -).Parlo di un mese perchè, per chi ancora non lo sapesse, ho deciso di candidarmi alle amministrative di Roma, in particolare nelle municipali e quindi, sono in piena "campagna elettorale".
Una cara amica mi ha scritto questa frase: "Mi complimento con te per il tuo coraggio.
Candidarsi oggi è come passeggiare di notte in un bosco infestato dai lupi, dai fantasmi e dalle piante carnivore..."
Per me è una grande sfida, anche perchè la mia campagna elettorale non sarà spendacciona, ma sarà "genuina", in tutti i sensi.
Mi chiedo perchè lo sto facendo e la risposta che mi dò è una sola: cercare, nel mio piccolo, di cambiare qualcosa in questo sistema, cui tutti siamo bravi a lamentarci e non ad agire in prima persona. Forse sogno, mi rendo perfettamente conto.
Io mi sento, però, di aver già vinto, se non altro per il fatto di togliere anche un solo voto al potente di turno... che spenderà migliaia di euro per la sua campagna elettorale (badate bene, anche per le municipali succede questo) fatta solo di fiumi di parole e niente di concreto.
Concludo con le parole dell'amico Giovanni che riassumono il mio pensiero:
......Votami e vedrai come ti farò stare meglio, intanto sanno che la gente ha la memoria corta e non ricorda quello che gli avevi detto e non ricorda che quando governava lui si stava nello stesso modo di quando governava l’altro e che le promesse elettorali sono solo piccole idee che però poi devono fare i conti con la realtà. E la realtà è bandita dalla campagna elettorale per non spaventare gli elettori. Ma gli elettori non sono stupidi o si …Ditemi voi che non lo sono. Forse ha ragione Fiorello: Napoletani andate a votare per chi vi “cura i denti gratis” per il vostro voto, se riuscite a superare i cumuli di immondezza....
Vi racconterò, ovviamente, la mia esperienza e se nel frattempo mi volete seguire, visitate quest'altro blog: http://www.damicoanna.blogspot.com/
A presto by Ladypiterpan


Rammaricata e...


Non aggiungo nessun commento personale, se non una sola cosa: siamo nel 2008 e, a prescindere se ironia o meno - come qualcuno ha dichiarato- io mi sento veramente offesa come donna...

martedì 11 marzo 2008

Amara verità...

“In questi giorni tutti i partiti danno la caccia alle donne: cercano volti femminili da mettere nelle liste di candidati.”
Queste sono le parole che utilizza la cara amica blogger Angela . E già, anche perché, noi donne, rappresentiamo il nuovo in questa politica italiana così vecchia
Strategie di puro marketing o vera voglia di cambiamento? Lascio a voi la risposta…
Anche la cultura politica, come quella lavorativa, considera l’uomo il legittimo protagonista nella gestione dello Stato.
Ancora una volta decoreremo questo nostro Stato. In questi giorni, mi chiedo, perché avviene questo e non so darmi una risposta. Quello che vedo attorno, è l’affermarsi di un’autoesclusione dalla politica da parte di noi donne.
E pensare che se noi donne votassimo candidate donne, saremmo in maggioranza, visto che l’elettorato femminile è più numeroso…
Perché ci autoescludiamo???
La cosa poi, che non sto proprio sopportando in questa tornata elettorale è che, noi donne,
siamo “usate” come facciata e lo permettiamo pure.
Mi spiego meglio. E’ vero sì, che ci sono tante nuove donne candidate in lista, dalle politiche alle amministrative. Tante di esse sono, però, di pura facciata, nel senso che sono manipolate, letteralmente, alle spalle da uomini che hanno avuto il potere nelle precedenti legislature.
Care amiche, ma quando usiamo la nostra testa per pensare, per farci valere? E’ così che vogliamo cambiare il mondo?
Fino a quando resteremo un soggetto marginale della politica, continueremo ad essere un soggetto marginale nei posti che contano…

sabato 8 marzo 2008

Auguri a noi donne...

giovedì 28 febbraio 2008

Donne e lavoro


Scrivo questo post partendo da una discussione sul blog di Arnald sulla questione maternità e dal fatto che proprio ieri, sono stata a casa (per la gioia di Ghost – senza essere retribuita -) per assistere mia figlia malata…
In questo post, un uomo ha descritto la sua esperienza, sul posto di lavoro, di come alcune donne “approfittano” paradossalmente di una legge sulla tutela della maternità.
Mi è parso così strano questo argomento che quasi mi è sembrata una “guerra tra poveri”, nel senso di una guerra tra uomini che sono quasi gelosi di questi diritti (per alcuni, esagerati) e noi donne, alla presa tra le gioie e dolori di una maternità e soprattutto di una vita successiva di madre-lavoratrice sempre sul filo del rasoio del tempo (con il continuo senso di colpa nei confronti dei figli e della carriera lavorativa che stenta, sempre, a crescere).
Ho trovato sulla rete questo video (molto interessante e che vi consiglio di vedere) che descrive le differenze esistenti di welfare tra la nostra Italia e il resto di Europa (non è vero che siamo la nazione che tutela di più la maternità).
Quello che più mi ha colpito, in queste interviste, è purtroppo il fatto che, spesso, all’interno delle proprie famiglie, il ruolo del padre è quasi inesistente (se chiedete ad un uomo di parlarvi del congedo parentale che gli spetta, quasi nessuno sa rispondervi) e il fatto che noi donne ci accontentiamo del primo lavoro che troviamo, proprio per essere sempre presenti nel lavoro di cura di figli (e non solo).
E’ chiaro, allora, che questo costituisce una discrimante per i datori di lavoro, sia al momento dell’assunzione (non è raro che durante la selezione ci venga chiesto se abbiamo figli o se intendiamo averne), sia al momento di un’eventuale crescita professionale.
Se il papà non collabora, è ovvio che una donna-mamma si assenti più spesso dei propri colleghi, sia per accudire un figlio malato che per accompagnarlo dal pediatra, ad esempio.
I tempi del lavoro, insomma, non coincidono con i tempi della famiglia. Noi donne, per forza, dobbiamo riuscire a conciliare i nostri impegni professionali con quelli familiari senza poterci dedicare, per ovvie ragioni, “anima e corpo” al nostro lavoro. La cosa peggiore, poi, è non avere neanche del tempo libero per potersi dedicare a se stessi, ai nostri hobbies, ecc.
Concludo affermando amaramente, purtroppo, che il problema è soprattutto di natura culturale; fino a quando si relegherà il ruolo di cura, solo a noi donne, non ci sarà legge che tenga che sappia riconoscere, ufficialmente e pienamente, il ruolo e i diritti di noi donne lavoratrici.

lunedì 18 febbraio 2008

Dalla parte dell'imprenditore...


Mi piace iniziare questo post con le parole di un piccolo imprenditore blogger:
"Ogni mattina in Italia tanti piccoli imprenditori si svegliano e sanno che dovranno correre più veloce del leone, della gazzella, dei creditori, dell'agenzia delle entrate, dell'INPS, della legislazione sul lavoro, del commercialista, del prezzo delle materie prime, dei concorrenti, dei loro collaboratori... se vogliono sopravvivere.
Ogni mattina tanti piccoli imprenditori si svegliano e si chiedono se ne vale la pena. Poi pensano al loro lavoro, si aggrappano alle soddisfazioni che ogni tanto si riescono a prendere, pensano ai loro collaboratori che mostrano passione e voglia di crescere, stringono i denti e si rispondono di si.
E vanno a lavorare. "
Ho avuto il piacere di parlare con un giovane imprenditore di precarietà, flessibilità, colloqui di lavoro.
E' facile criticare queste persone, spesso pretendiamo l'impossibile, ma ci siamo mai messi nei loro panni? Cosa vogliono dai propri collaboratori queste persone?
Ecco cosa, questo amico imprenditore, mi ha risposto.

"Gli imprenditori, in particolari quelli delle PMI, vogliono menti flessibili perchè sono quelle più vicine alle proprie caratteristiche e fisionomie mentali, e sono quelle che hanno un miglior rapporto qualità/prezzo nella gestione lavorativa.

E' impossibile capire per un imprenditore vero - e attenzione qui a distinguere tra imprenditori e finanzieri, due categorie molto diverse tra loro, solo i primi sono imprenditori reali - il perchè si debba avere uno stipendio fisso se non si produce nulla.

Paradossalmente, per l'imprenditore, è comprensibile l'operaio perchè produce qualcosa di reale, sia esso prodotto o servizio. Il problema avviene con nuove figure professionali che spesso non fanno davvero nulla, e non sono facilmente inquadrabili. Un operaio è quindi una "mente flessibile" poichè dinamico e lavora per obiettivi; la segretaria, il ragazzo che vuole fare la campagna di comunicazione perchè la sa fare "come ha imparato all'università" sono invece gli esempi di menti precarie. E' chiaro che ci sono persone più predisposte mentalmente verso una tipologia, e altre verso l'altra."

Per l'imprenditore, spesso, avere una mente flessibile vuol dire: dinamismo, movimento, disponilibilità e spirito di sacrificio, voglia di lavorare per obiettivi, collegamento del proprio stipendio con il raggiungimento degli obiettivi; voglia di imparare.

Mente Precaria vuol dire: staticità, fissità nelle proprie posizioni, richiesta di diritti di lavoro prima di fornire dati oggettivi delle proprie competenze, oppure prima di aver fatto dei test che giustifichino la richiesta, voglia di avere uno stipendio fisso non legato ad obiettivi da raggiungere, pretesa di saper fare delle cose solo perchè se ne conosce la teoria.

Infine, sempre per questo giovane imprenditore, in fase di colloquio, vengono sempre scartati, tutti quelli che:
- chiedono quante ore si lavora;
- dicono che loro vogliono stare in ufficio e non muoversi sia perchè non gli va, sia perchè questo potrebbe comportare delle spese in più;
- chiedono in anticipo se poi potrà esserci una assunzione a tempo indeterminato;
- chiedono se è possibile fare contratti diversi nel caso si scelga loro;
- che non hanno nello loro cv alcuni lavori pratici dentro, ma solo roba teorica;
- che hanno oltre 25-30 anni di età (in genere già oltre 26 è raro chiamare persone);
- che hanno lavorato in molti posti per poco tempo - sembrano insicuri o poco stabili;
- che hanno più di 2 stage: danno l'idea di lavorare "tanto per";
- che fanno osservazioni critiche sui contratti di lavoro flessibile in fase di colloquio.
La base è che si cerca di non portarsi problemi dentro casa, visto tutti quelli a cui ci sottopone già questo Paese per mandare avanti le nostre imprese.

L'imprenditore si ritiene, infatti, quello che manda avanti il Paese in tutti i sensi.

Vi sembra troppo tutto ciò o forse faremmo tutti queste stesse cose se ognuno di noi avesse una propria impresa?

Per ultimo, l'amico, ha anche avanzato la seguente proposta:

Una soluzione carina potrebbe essere quella di rafforzare la partecipazione dei collaboratori-dipendenti con "micro-quote" dell'impresa, in modo da condividere il rischio di impresa e avere una maggiore garanzia per l'imprenditore di impegno da parte del lavoratore.

Allora, che ne pensate di queste parole?

venerdì 8 febbraio 2008

AAA lavoro cercasi: i meriti della legge Biagi

Mentre sono a casa, con la febbre, navigando sulla rete ho trovato questo video.
Sicuramente susciterò l'ira di qualcuno, però è bello vedere anche gli aspetti positivi delle cose...altrimenti non se esce mai fuori.
Qualcuno potrà pensare che sono interviste tutte costruite? Può darsi, però è anche vero, ad esempio, che nella mia attività lavorativa anche io sono passata per vari step. Tutto serve...
Le cose su cui bisogna concentrarsi, secondo me, è il fatto che queste attività non diventino le "uniche" opportunità per i giovani, ma che siano, invece, un vero trampolino di lancio per le proprie future attività lavorative.

sabato 2 febbraio 2008

Meglio poco che niente?








Oggi è uscito, nelle sale cinematografice, il film di Ascanio Celestini “Parole Sante” che descrive
la condizione dei lavoratori del call-center più grande d’Italia, ed è già polemica.
Come in politica, anche sulla questione “lavoro” sembra che il nostro bel paese sia spaccato in due.
Da una parte ci sono i lavoratori che si sentono solo “sfruttati” dalla flessibilità non sostenibile (cioè la precarietà) e dall’altra quelli che inneggiano alla flessibilità come isola felice del lavoratore.
Le contrapposizioni estreme, come al solito secondo me, non fanno mai bene a nessuno. Il polverone serve solo a far perdere il punto di vista, il vero bersaglio.
Sul Il Foglio di ieri, la giornalista Mancuso, nel suo articolo paragona il precario al masochista a tempo indeterminato. Dice (questo è quello che traspare tra le righe, secondo me) al precario che il mondo è cambiato (come riferimento parte addirittura dal Risorgimento) e che, quindi, la precarietà è sinonimo di normalità. Definisce i genitori dei precari come quelli che vorrebbero farci scendere in piazza ma, nello stesso tempo, sono quelli saldati al loro posto fisso (forse su questo ha ragione…).
Alla giornalista, gli farei notare, innanzitutto, la differenza tra precarietà e flessibilità, rispondendogli con le stesse parole di A.Celestini in una sua intervista di qualche giorno fa, dove sostiene che il lavoro precario non è una condizione del mercato del lavoro. La flessibilità del lavoro è possibile quando il lavoratore è autonomo, guadagna il doppio del lavoratore subordinato perché non ha diritti, però ha un beneficio straordinario, ossia l’autonomia, legate alle scelte di tempi, di spazi. Sottolinea che quando si parla di precariato, si parla di persone assunte in maniera illegale in base ad una legge che in realtà non è applicata, ossia la legge Biagi.
Mi viene sempre più il sospetto, quindi, che si vogliono far perdere di vista le giuste cause dei lavoratori. Non ho ancora visto il film, ma a prescindere da questo, è giusto che ognuno possa esprimere le proprie idee, d’altronde non siamo tutti uguali!
Quello su cui bisogna puntare, cara Mancuso, è smascherare le cattive intenzione delle imprese che si arricchiscono, solo, alle spalle dei lavoratori!
Lo sappiamo tutti, ormai, che il mondo è cambiato e ricordo quello che i giovani, in realtà, vogliono veramente e cioè non abolire i lavori temporanei, ma che tutti i singoli lavoratori temporanei abbiano ciò che viene loro promesso e che smettano di essere visti come “impiegati low coast”.
Gli imprenditori ed i Governi devono capire che anche un lavoratore temporaneo implica un’assunzione di responsabilità in fatto di adeguata formazione, contratti trasparenti e sufficiente retribuzione (generazione P).
No allora al meglio poco o niente ma sì al giusto dovuto!
Proprio per arrivare, infine, ad essere ascoltati dalle Istituzioni, vi voglio segnalare l’iniziativa di Giacomo Faenza, giovane regista, che ha deciso di girare un documentario Caro Parlamento .
Vi consiglio di visitare il blog e partecipare, se v’interessa, attivamente all’iniziativa. Con Giacomo abbiamo avuto un interessante dialogo a distanza, e mi hanno molto colpito queste sue parole:
…alziamoci e diamoci una mossa. Scopo del documentario è mostrare vitalità e voglia di partecipazione; attraverso le interviste il doc. vuole offrire diversi spunti che possono\devono essere utili per il Parlamento. L’Istituzione deve sapere come viviamo, qual è l'umore di una intera generazione. Gli segnaleremo problemi urgenti da risolvere! Premesso che il lavoro garantito non è quello che chiediamo, dobbiamo spiegare cosa non ha funzionato delle leggi sul lavoro precario e dirlo in coro dal nord al sud…
Fatelo girare…

lunedì 28 gennaio 2008

Destra e Sinistra...

La caduta di un governo, qualunque esso sia la composizione dei colori partitici, non è certo motivo di festa, tantomeno per la nostra nazione. In questi giorni non faccio altro che sentire tutto e di più, sono già cominciate le spartizioni delle poltrone (purtroppo).
Il nostro Paese affronterà, ora, un momento serio, pesante per tutti noi cittadini, costoso in termini economici…
E’ difficile essere ottimisti, anche perché ci si sente con le mani legate. Gaber, in una sua canzone, diceva che tutti noi ce la prendiamo con la storia ma, lui sosteneva, che la colpa è nostra…

lunedì 21 gennaio 2008

Pensieri...lavorativi 2




Ognuno di noi cerca di trovare le soluzioni (giustamente) ai propri problemi.
In questi giorni, mi è capitato di leggere più volte, su diverse riviste, le probabili soluzioni (personali) di opinionisti riguardo ai problemi del mondo del lavoro.
Alcuni opinionisti sono sempre e soltanto lamentosi, e qui mi pare inutile parlarne; poi c'è
P.Ichino che parla del forte dualismo tra lavoratori (tra cosiddetti "insider" e "outsider") nel nostro mercato lavorativo.
La soluzione meglio auspicabile, per Ichino, sarebbe un unico contratto di lavoro per tutti i lavoratori dipendenti e disciplinato in modo che siano garantite:
1)la necessaria fluidità nella fase di accesso al lavoro dei giovani
2) una ragionevole flessibilità nella fase centrale della vita lavorativa, secondo i migliori standard internazionali
3) peso in uguale misura per tutti.
La sua soluzione sarebbe, quindi:
"...La riforma potrebbe, per esempio, consistere in questo: per tutte le nuove assunzioni che avverranno d'ora in poi si sostituisce l'attuale «giungla dei contratti» con un solo contratto a tempo indeterminato, che prevede un periodo di prova di sei mesi oppure otto, come ora in Francia - con un forte sgravio contributivo sotto i 26 anni. Dopo il periodo di prova, l'articolo 18 dello Statuto si applica soltanto per il controllo dei licenziamenti disciplinari e contro quelli discriminatori o di rappresaglia.
Per i licenziamenti dettati da esigenze aziendali è invece soltanto il costo del provvedimento a proteggere il lavoratore e a penalizzare l'impresa che ne fa abuso: chi perde il posto senza propria colpa ha sempre automaticamente diritto ad un congruo indennizzo, crescente con l'anzianità di servizio in modo che la protezione sia più intensa nella parte finale della vita lavorativa; e ha diritto ad un'assicurazione contro la disoccupazione disegnata secondo i migliori modelli scandinavi, con premio interamente a carico dell'impresa, che si aggrava al crescere del numero dei licenziamenti..."
C'è stato poi, un articolo che mi ha colpito in particolare, ed è quello di S.Zecchi.
Vi confesso che inizialmente questo pezzo mi ha fatto infuriare, innanzi tutto per l'utilizzo, a mio avviso incongruo, della parola precarietà. Visto che lui parla di libertà, mi son detta, come è possibile unire alla parola precarietà, la parola libertà?
Inoltre, ci sono certe demagogie (sempre, secondo me) riguardo alla sua definizione di società socialista, ecc.
A parte i personali punti di vista diversi, mi sono piaciute, però, alcune sue considerazioni che qui riprendo e commento.
Zecchi afferma che le generazioni precedenti hanno saputo scommettere sul loro futuro, mentre oggi
"... sono andate perdute la tensione, l’aspirazione ad una vita migliore: appunto, la scommessa sul futuro, malinconicamente sostituita da un calcolato opportunismo che non stimola a migliorarsi, ad andare avanti, cercando la libertà, rischiando sempre di nuovo sul futuro.Il mondo è cambiato in fretta e oggi sta provocando un vero disastro generazionale. I giovani dovrebbero essere, per definizione, quelli più aperti alla sfida del futuro, più disponibili a rischiare. Chi è a contatto con loro non ha difficoltà ad accorgersi che molti sono invece quelli impauriti dall’avvenire, senza sogni da realizzare, senza speranze da esaudire. Troppo illusori gli uni, troppo pericolose le altre. Meglio il rifugio di un impiego modesto, purché sicuro. E così si distrugge la parte migliore di un giovane: l’amore per la libertà, una libertà che va cercata anche nella precarietà. Proprio questa è la parola che terrorizza: le precarietà è vissuta come un’aggressione alla propria identità. Prima ancora di essere un problema di natura economica, l’idea negativa del lavoro precario è il frutto di una mentalità vecchia, che scambia la sicurezza del posto per una garanzia contro le insidie del futuro, che accetta di barattare la libertà per un impiego fisso...."
Mi sono chiesta: possibile che abbiamo tanta paura del futuro, abbiamo paura di rischiare! Perchè? Magari ne conoscessi la risposta...!
Bauman sostiene che la "Paura" è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla nostra ignoranza della minaccia, o di ciò che c'è da fare.
E allora? Mi rendo conto, con i tempi che corrono, che non è facile affermare che bisogna ricominciare, veramente, ad inseguire i nostri sogni...
Tuttavia, lo dico lo stesso.



Vivere senza tentare, significa rimanere con il dubbio che ce l'avresti fatta. (Jim Morrison)

martedì 15 gennaio 2008

Lavoro a tempo determinato

Un pò di ironia non guasta mai...

lunedì 14 gennaio 2008

Che ne sarà di noi?

Il titolo al post è tutto un programma, però credo che questo sia quello giusto per indicare il momento di transizione che il mio mondo lavorativo sta attraversando. (Leggetevi anche questo post che avevo da tempo scritto)

Cari amici precari e non, (oggi mi sento pessimista) come potete leggere, anche i cosiddetti "tipici" hanno altro a cui pensare....
Io sto già pensando a che lavoro farò dopo i prossimi due anni (se l' azienda per cui lavoro mi manda a casa, ovviamente).
Una cosa però mi piace mettere in risalto qui, e cioè la foto dell'attuale presidente di farmindustria e la notizia pubblicata sul Giorno del 9 Gennaio scorso. E' proprio vero che dietro il divertimento di uno c'è sempre la sofferenza di qualcun altro...

A proposito, la stampa (ovviamente) se ne guarda bene a parlare di questo problema!
La cosa che a me da più fastidio, in tutto questo, non è cambiare lavoro nel corso della mia vita, ma trovare gente di legge che se l'inventa tutte pur di trovare la scappatoia giusta affinchè i potenti di turno la passino liscia! E grazie alla Legge Biagi, fatta male in alcuni punti, ci si riesce.
Vi invito a leggere i seguenti link:
FARMACI: DOMPE', PER 2008 UN CAMBIO MARCIA CHE FA BEN SPERARE

MARVECS: 200 INFORMATORI SCIENTIFICI DEL FARMACO IN ESUBERO

martedì 8 gennaio 2008

Pensieri...lavorativi

Dopo la pausa delle festività, girovagando sul web, ho trovato questo filmato del sociologo A.Accornero.
Da qui mi è venuto lo spunto di scrivere questo post, un misto di riflessioni mie e del sociologo.
Mi pare un buon punto di ri-partenza del 2008 per parlare di “modelli”di lavoro.


In tutte le epoche lavorative (Rivoluzione Industriale, Fordismo e Post-fordismo) c’è stata una transizione storica da un modello di produzione e di consumo a un altro, e, di conseguenza, il lavoro è cambiato perché sono cambiate le strutture e il funzionamento delle imprese.
Durante la rivoluzione industriale e nel fordismo si aveva un modello rigido di lavoro, d’ impresa, e di mercati.
Gli imprenditori, nel periodo di Taylor e Ford, non desideravano assumere lavoratori e licenziarli subito. Per garantire la produzione di massa avevano bisogno di manodopera stabile e di una grande subordinazione: si veniva “ pagati per lavorare e non per pensare”.
Per conquistare e ampliare i mercati non bastava che gli approvvigionamenti fossero costanti, i prodotti standardizzati, la produzione regolare: occorreva che l’apporto della forza lavoro fosse stabile,assiduo,disciplinato. Proprio per questi motivi fu introdotto, per legge (in alcuni Paesi) il contratto di lavoro a tempo indeterminato, che nell’Italia fascista del 1926 soppiantò il Codice civile del 1865, secondo il quale si poteva lavorare al servizio di altri soltanto «a tempo». I lavoratori, specie se skilled, potevano andarsene liberamente dando luogo a un turn-over che assillava gli imprenditori.
Il post-fordismo ha bisogno,invece, di flessibilità, non soltanto produttive ma anche allocative.
Si creano, allora, diversità tali che il mondo del lavoro non sembra più quel sistema unitario che era stato creato dal fordismo e tenuto insieme dalla grande industria. Ad esempio, decrescono i tragitti lavorativi firm-portfolio, nei quali le competenze sono approfondite in ambito aziendale secondo la tradizione europea (e in parte giapponese) della mobilità sociale «sul posto», mentre crescono i tragitti worker-portfolio, nei quali le esperienze si accumulano cambiando azienda, secondo la tradizione americana della mobilità sociale «fra i posti».
Oggi il lavoro desta preoccupazione perché comporta maggiori probabilità e/o frequenza di impieghi discontinui, che ostacolano l’accumulo di esperienze, rendendo incerto il ricollocamento professionale, le carriere lavorative tortuose e quasi impossibili i progetti di vita: diventa perfino arduo ottenere prestiti.
Parlando in generale, questo è lo scenario di precarietà noto a molti giovani, di cui viene incolpato il lavoro flessibile perché genera insicurezza. Da qui i rimpianti per un passato in cui gli impieghi erano più stabili specie nei paesi, settori e imprese dove leggi, contratti o accordi davano maggiori certezze.
Le tutele di ieri erano pensate,però, per un altro lavoro e per altri lavoratori: i sistemi di welfare più evoluti, infatti, garantivano che la continuità dell’impiego non fosse minacciata da crisi aziendali e da inadempienze imprenditoriali .
Oggi il welfare, invece, deve (o dovrebbe) garantire che nessuno perda diritti e nessun diritto venga perduto nelle discontinuità dell’impiego. Quando Marshall scrisse: «Un uomo che ha perso il suo lavoro, ha perso il suo passaporto per la società» , sollevò una questione di cittadinanza del lavoro. Questa si ripropone oggi, con forza.
Una vita lavorativa più flessibile, infatti, non può spezzarsi quando si passa da un impiego all’altro, oppure da un lavoro dipendente a un lavoro autonomo, o viceversa. Chi è più mobile non può essere meno tutelato o più penalizzato: dovrebbe essere, maggiormente ricompensato, perché dà al sistema la snellezza che esso richiede.
Questo principio è basilare per una sicurezza sociale che aggiorni le tutele di ieri senza rinunciare al cammino storico della solidarietà e dell’uguaglianza .
Il post-fordismo sembra proporre ai lavoratori un lavoro di qualità e una partecipazione responsabile. Queste potrebbero essere le basi di un compromesso sociale all’altezza di quello fordista, ma non è detto che imprenditori e manager sappiano suscitare la partecipazione di cui hanno bisogno. In troppe aziende, infatti, se ne vedono ben poche tracce.
Tawney scrisse: «È ozioso attendersi che gli uomini diano il meglio di se stessi a un sistema in cui non hanno fiducia, o che abbiano fiducia in un sistema nel cui controllo non hanno alcuna parte» .
Siamo pronti a questa sfida?

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