Oggi è uscito, nelle sale cinematografice, il film di Ascanio Celestini “Parole Sante” che descrive
la condizione dei lavoratori del call-center più grande d’Italia, ed è già polemica.
Come in politica, anche sulla questione “lavoro” sembra che il nostro bel paese sia spaccato in due.
Da una parte ci sono i lavoratori che si sentono solo “sfruttati” dalla flessibilità non sostenibile (cioè la precarietà) e dall’altra quelli che inneggiano alla flessibilità come isola felice del lavoratore.
Le contrapposizioni estreme, come al solito secondo me, non fanno mai bene a nessuno. Il polverone serve solo a far perdere il punto di vista, il vero bersaglio.
Sul Il Foglio di ieri, la giornalista Mancuso, nel suo articolo paragona il precario al masochista a tempo indeterminato. Dice (questo è quello che traspare tra le righe, secondo me) al precario che il mondo è cambiato (come riferimento parte addirittura dal Risorgimento) e che, quindi, la precarietà è sinonimo di normalità. Definisce i genitori dei precari come quelli che vorrebbero farci scendere in piazza ma, nello stesso tempo, sono quelli saldati al loro posto fisso (forse su questo ha ragione…).
Alla giornalista, gli farei notare, innanzitutto, la differenza tra precarietà e flessibilità, rispondendogli con le stesse parole di A.Celestini in una sua intervista di qualche giorno fa, dove sostiene che il lavoro precario non è una condizione del mercato del lavoro. La flessibilità del lavoro è possibile quando il lavoratore è autonomo, guadagna il doppio del lavoratore subordinato perché non ha diritti, però ha un beneficio straordinario, ossia l’autonomia, legate alle scelte di tempi, di spazi. Sottolinea che quando si parla di precariato, si parla di persone assunte in maniera illegale in base ad una legge che in realtà non è applicata, ossia la legge Biagi.
Mi viene sempre più il sospetto, quindi, che si vogliono far perdere di vista le giuste cause dei lavoratori. Non ho ancora visto il film, ma a prescindere da questo, è giusto che ognuno possa esprimere le proprie idee, d’altronde non siamo tutti uguali!
Quello su cui bisogna puntare, cara Mancuso, è smascherare le cattive intenzione delle imprese che si arricchiscono, solo, alle spalle dei lavoratori!
Lo sappiamo tutti, ormai, che il mondo è cambiato e ricordo quello che i giovani, in realtà, vogliono veramente e cioè non abolire i lavori temporanei, ma che tutti i singoli lavoratori temporanei abbiano ciò che viene loro promesso e che smettano di essere visti come “impiegati low coast”.
Gli imprenditori ed i Governi devono capire che anche un lavoratore temporaneo implica un’assunzione di responsabilità in fatto di adeguata formazione, contratti trasparenti e sufficiente retribuzione (generazione P).
No allora al meglio poco o niente ma sì al giusto dovuto!
Proprio per arrivare, infine, ad essere ascoltati dalle Istituzioni, vi voglio segnalare l’iniziativa di Giacomo Faenza, giovane regista, che ha deciso di girare un documentario Caro Parlamento .
Vi consiglio di visitare il blog e partecipare, se v’interessa, attivamente all’iniziativa. Con Giacomo abbiamo avuto un interessante dialogo a distanza, e mi hanno molto colpito queste sue parole:
“ …alziamoci e diamoci una mossa. Scopo del documentario è mostrare vitalità e voglia di partecipazione; attraverso le interviste il doc. vuole offrire diversi spunti che possono\devono essere utili per il Parlamento. L’Istituzione deve sapere come viviamo, qual è l'umore di una intera generazione. Gli segnaleremo problemi urgenti da risolvere! Premesso che il lavoro garantito non è quello che chiediamo, dobbiamo spiegare cosa non ha funzionato delle leggi sul lavoro precario e dirlo in coro dal nord al sud…”
Fatelo girare…
Fatelo girare…
4 commenti:
E' dura...davvero dura. Noi che pur di "lasciare il nido" impariamo qualsiasi mestiere.
Ma sarà che non ci sono più passioni autentiche o che, a forza di precarizzare il lavoro, le passioni ce le stanno facendo dimenticare?
Un saluto!
@france
dimenticare le passioni è sempre e solo una scelta personale: speriamo tu non la abbia fatta.
@anna
la mancuso dice bene sui lavori flessibili. Sarebbe carino fare una documentazione sul punto di vista degli imprenditori riguardo la cosa.
:-)
@prime
mi dici a che ti riferisci, per favore? Non mi pare che nell'articolo traspare quello che tu dici, anzi mi pare più uno sfottò...
Anna
@anna
è vero, c'è una spaccatura nella vision del lavoro flessibile ... e per questo che anche noi lavoriamo.
Per ridurre questa frattura ... la mancuso serve o non serve ?
...
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