sabato 15 settembre 2007

ART.3 - LEGGE BIAGI



L’altro giorno mentre discutevamo tra colleghi di lavoro del più e del meno, tra un discorso e l’altro, si è scivolati sulla “famigerata” legge Biagi. Ad un certo punto, uno dei miei colleghi (per farvi capire il tipo- “so tutto io”) ha nominato l’art. 47 ?! In quel momento sono scoppiata a ridere e lui, quasi scocciato, mi chiedeva perché… Quando gli ho, semplicemente risposto, che la legge Biagi ha 10 articoli, si è subito ritirato la coda tra le gambe. Racconto questo episodio perché, effettivamente, c’è tanta ignoranza al riguardo.
Con l’amico del blog somministrato, avevamo cominciato insieme il discorso dell’esame della legge 30. Questa volta mi occupo io dell’art. 3, sperando che la mia interpretazione sia il più possibile corretta, altrimenti sono pronta a correggermi con l’aiuto di chi legge.

l'articolo 3 riguarda il part-time. Il titolo recita:

“ Delega al Governo in materia di riforma della disciplina del lavoro a tempo parziale ”

Comma 1 Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari opportunità, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, con esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, recanti norme per promuovere il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale, quale tipologia contrattuale idonea a favorire l’incremento del tasso di occupazione e, in particolare, del tasso di partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori con età superiore ai 55 anni, al mercato del lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) agevolazione del ricorso a prestazioni di lavoro supplementare nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto orizzontale, nei casi e secondo le modalità previsti da contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale o territoriale, anche sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei predetti contratti collettivi;

Il tempo parziale orizzontale si ha quando la riduzione di orario di lavoro rispetto al tempo pieno è all’interno del normale orario giornaliero (ad es. una prestazione di lavoro di 4 ore in confronto ad un normale orario di lavoro di 8 ore).
Il datore di lavoro ha, ora, la possibilità di ricorrere al lavoro supplementare nel part-time di tipo orizzontale, ossia il lavoro reso oltre l’orario concordato nel contratto individuale entro il limite del tempo pieno.

b) agevolazione del ricorso a forme flessibili ed elastiche di lavoro a tempo parziale nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto verticale e misto, anche sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei contratti collettivi di cui alla lettera a), e comunque a fronte di una maggiorazione retributiva da riconoscere al lavoratore;

Il tempo parziale verticale si ha quando la prestazione lavorativa è svolta a tempo pieno, ma limitato a periodi predeterminati nel corso della settimana, mese, anno (per es. 3 giorni di 8 ore lavorative nella settimana, 6 mesi a tempo pieno nell’arco dell’anno).
Il tempo parziale misto si ha quando la prestazione lavorativa è il risultato della combinazione di part- time orizzontale e part- time verticale.
Si introduce la facoltà di inserire clausole elastiche e flessibili nel part- time verticale e misto.
Il datore di lavoro e il lavoratore hanno la facoltà di stipulare un patto, in forma scritta, avente come oggetto una clausola flessibile. La regolamentazione del clausola flessibile è demandata alla contrattazione collettiva; in mancanza di regolamentazione per via collettiva, datore di lavoro e lavoratore si possono accordare per lo svolgimento del lavoro flessibile, stabilendo modalità, forme e misure di compensazione.
La clausola elastica, si differenzia da quella flessibile in quanto non interessa solo la collocazione del monte ore concordato, ma attiene anche la possibilità di ampliare il numero di ore. Determina quindi, un incremento definitivo della quantità di prestazione, a differenza dello straordinario o del supplementare, ove si verifica, invece, un aumento temporaneo della prestazione.

c) estensione delle forme flessibili ed elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato;


d) previsione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile anche attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale;


e) abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con l’obiettivo della incentivazione del lavoro a tempo parziale, fermo restando il rispetto dei princìpi e delle regole contenute nella direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997

Con questa affermazione sono abrogati i commi 11, 12 e 13 dell’art. 3 d.lgs. n. 61/2000 che disponevano la facoltà per il lavoratore, in presenza di particolari esigenze personali, di denunciare il patto con cui si variava la collocazione temporale delle prestazioni; a seguito della denuncia veniva meno la facoltà del datore di lavoro di variare la collocazione temporale inizialmente concordata (con la riforma Biagi, quindi, se il lavoratore firma il patto non potrà più tornare indietro).

f ) affermazione della computabilità pro rata temporis in proporzione dell’orario svolto dal lavoratore a tempo parziale, in relazione all’applicazione di tutte le norme legislative e clausole contrattuali a loro volta collegate alla dimensione aziendale intesa come numero dei dipendenti occupati in ogni unità produttiva;

Viene soppresso il comma 2 dell’art. 6 d.lsg n. 61/2000 che consentiva di computare i lavoratori a tempo parziale come un’ unità ai fini dell’applicazione del titolo III legge 300/1970 (Statuto Lavoratori).

g) integrale estensione al settore agricolo del lavoro a tempo parziale.


Concludendo, quindi, si attua la totale flessibilizzazione delle prestazioni di lavoro a tempo parziale, rivalutando contestualmente la piena autonomia delle parti del rapporto di lavoro. Mi pongo una sola domanda: questa totale flessibilizzazione, potrebbe andare a scapito del lavoratore (cioè della minore forza contrattuale)?







1 commento:

angela padrone ha detto...

Cara ladypiterpan, la difficoltà (non solo tua ma anche di chi fa solo il giornalista) è che queste norme da sole hanno un valore generale. Il senso è di favorire l'incontro tra lavoratori e datori di lavoro che vogliono orari e tempi di prestazione part-time. Però dovresti studiare anche il decreto di attuazione che è stato fatto dopo questa legge e se ne hai voglia sul sito di Adapt, il centro Marco Biagi, trovi tutto. Il senso generale è che in Europa il part time è molto più diffuso che da noi. E' utilizzato soprattutto dalle donne, che così "conciliano" le loro duplici e triplici funzioni(madri, lavoratrici, badanti, ecc). E' uno strumento che dovrebbe far comodo a tutti. Purtroppo in Italia si è restii ad applicarlo: Mi immagino una lavoratrice che chiedesse al mio giornale di lavorare part-time... Non credo che sarebbe facile. I singoli casi poi possono essere i più vari. L'ultima cosa: credo che un giuslavorista ti potrebbe dire che "la piena autonomia delle parti nel contratto di lavoro" in realtà non è applicata, o solo in piccola parte. E' per esempio una delle doglianze di Ichino, che contesta lo strapotere dei contratti nazionali, che a volte tengono basse le retribuzioni anche in realtà in cui invece la produttività è alta e i lavoratori potrebbero beneficiarne...tutto chiaro? non direi ;-)

Google