domenica 21 ottobre 2007

Il punto...

Come ci si sente dopo aver assistito ieri a due manifestazioni, che come ho già detto nel precedente post, apparentemente opposte ma così terribilmente vicine?
Così come si chiede fede mello: se il ministro e i deputati, i senatori, sottosegretari, ecc., metteranno nel protocollo del welfare qualcosa per una “flessibilità sostenibile”, per uno stato sociale che inizi a creare dei diritti sociali individuali, me lo chiedo anche io ed anche io mi rispondo di no.
Mi chiedo, anche, se al posto delle pure ideologie politiche ci possa veramente essere spazio al riformismo.
A.Padrone sostiene che il riformismo in Italia non ha mai avuto successo, ma perché tutto questo?
Come al solito forse nessuno vuole perdere dei prilivegi? E’ mai possibile che noi italiani siamo un popolo di egoisti?
L’altro giorno, ascoltando un’intervista a Tito Boeri alla radio, addirittura parlava di una situazione italiana tutta paradossale, ossia della combinazione di altruismo privato e di egoismo pubblico. Mi spiego meglio. Lui sostiene che l'amore sterminato dei genitori italiani per i propri figli non ha frenato la più massiccia redistribuzione di risorse dalla generazione dei figli a quella dei genitori, di cui si abbia traccia in epoca recente. Negli ultimi decenni, l’ Italia ha raddoppiato il debito pubblico e promesso pensioni molto generose, nonostante il calo della fertilità e l'allungamento della vita: su ogni giovane italiano oggi gravano 80.000 euro di debito pubblico e 250.000 euro di debito pensionistico. Questo debito lo si è fatto non tanto per costruire infrastrutture, migliorare la qualità dell'istruzione o della vita nelle grandi città, ma per pagare pensioni di invalidità a volte di dubbia assegnazione, creare posti pubblici spesso inefficienti, concedere baby pensioni e generose pensioni di anzianità, cedere alle pressioni di rappresentanze di interessi specifici e di breve respiro. Insomma, i nostri genitori pensano molto a noi figli, lottano per assicurarci un buon futuro, ma non pensano per nulla ai figli degli altri, vale a dire ai giovani in quanto tali.
Lui stesso parlava che è arrivata veramente l’ora che la generazione di mezzo, ossia dei 40enni, si rimboccasse le maniche e lavorasse seriamente su riforme del mercato del lavoro, del mondo delle professioni, dei servizi, del sistema pensionistico e del welfare. Ma anche al sostegno della maternità e a favore del merito, in ogni ambito e a ogni livello.
A me sembra piuttosto difficile che la generazione dei 40enni faccia tutto ciò, considerando anche l’età media dei nostri politici, delle classi dirigenti, e, a questo punto, dei manifestanti a queste ultime due occasioni di protesta!
Alla fine della fiera, tutti sostengono la stessa cosa (detta forse in parole diverse) ma non si riesce ad uscire fuori da questa situazione di stallo. E allora?
Io mi sento, terribilmente, confusa o forse meglio dire, impotente…

3 commenti:

Anonimo ha detto...

O lottiamo o subiamo o ce ne andiamo dall'Italia. Abbiamo tre soluzioni. Cosa vogliamo fare?

RH77 ha detto...

la flessibilità sostenibile in italia non può essere attuata con queste condizioni politiche e culturali... per cui il primo atto forte da fare è abrogare la legge 30...
e poi? e poi vediamo...
così intanto non si può andare avanti...

Eleonora Voltolina ha detto...

Volevo segnalare a Ladypiterpan e a tutti i frequentatori di questo spazio virtuale che tempo fa un ragazzo ha fatto alcune considerazioni molto interessanti sul mio blog:
https://www.blogger.com/comment.g?blogID=1277288949137663422&postID=4236630274697825814
(chissà se il link si riuscirà a leggere completamente... In caso: il commento di cui parlo si trova all'interno del post intitolato "SI FA PRESTO A DIRE BAMBOCCIONI").
Il ragazzo (straniero, ma da molti anni in Italia) sostiene che il mondo del lavoro italiano è DOPATO dalle famiglie, che sostengono i figli nella rassegnazione che "è normale che per un certo periodo dopo l'università i lavori non siano pagati...".
Lui rileva che i giovani neolaureati non accetterebbero stage ridicolmente retribuiti, 200 o 300 euro al mese, se dietro non avessero una famiglia che assicura loro il resto dei soldi necessari per vivere. E non ha tutti i torti.
Solo che, d'altra parte, chi li convince 2-3 milioni di genitori italiani a smettere di sostenere economicamente i propri figli?
Quindi siamo da punto a capo.
E dobbiamo sollecitare le istituzioni affinchè si facciano carico di questo importante problema! Altrimenti, a rimetterci saranno sempre e comunque i soliti: e cioè i giovani. Specie quelli più deboli, sprovvisti di salvifiche raccomandazioni o strategiche conoscenze.

Ciao a tutti,

Eleonora

PS: Caro Massimo, la mia risposta è: LOTTIAMO!

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