lunedì 30 giugno 2008


Riporto questo articolo che mi ha fatto tanto "tristemente" riflettere.

Mi chiedo, a questo punto, dove andremo a finire....


"Oltre al reportage che tanto ha fatto parlare l'Italia questa settimana sulle intercettazioni politici-Rai, nell'ultimo numero de L'Espresso in primo piano anche un'indagine molto interessante sull'ingresso nel mondo del lavoro da parte dei neo-laureati. Che, ve lo diciamo subito, sono dei poveri diavoli, perchè hanno studiato sì ma, secondo le aziende, non sanno fare un bel niente.Partiamo da un dato: la crescita economica dell'Italia è all'ultimo posto in Europa e non bastano le tasse (solo per chi le paga, certo), gli sprechi di denaro pubblico e i veti dei sindacati. C'è di più: siamo il paese che assume meno laureati di tutti. Secondo l'indagine sarebbe innanzitutto cambiato la dimensione del lavoro: una volta la famiglia alto-borghese faceva studiare ingegneria al primogenito perchè rilevasse e mandasse avanti l'azienda, giurisprudenza al secondo affinchè ne rappresentasse gli affari legali. Oggi non vale più, gli ingegneri assunti ogni anno sono 4mila (la metà che in Francia, un quarto rispetto alla Germania) e persistono le aziende a carattere familiare. Persistono finchè il mercato non le stroncherà e loro incapaci di risollevarsi non potranno fare altro che chiudere bottega. Solo grazie all'innovazione, potrebbero pensare di salvarsi: innovazione significa tante cose, progresso, aggiornamento, coraggio o più semplicemente menti e forze fresche. Il problema è che le aziende di media-piccola grandezza rappresentano il grosso in Italia: ed è il carattere familiare delle stesse la vera zavorra. Guai a chiamare manager e dirigenti capaci da fuori se il figlio di turno non vuole mal figurare, non vuole in qualche modo essere messo in discussione e il bassissimo numero di assunzioni dipende anche da questo fattore. La meritocrazia diventa parola fuori-vocabolario e le industrie si difendono spiegando che è colpa del sistema d'istruzione, vecchio e stantio, a non preparare i giovani laureati per il mondo del lavoro. Ecco perchè gli stage sono visti bene: in primis perchè un giovane entra in azienda prima, in secondo luogo perchè, parliamoci chiaro, della cultura personale non frega niente a nessuno.Conta sapersi vendere, dare tutto e anche oltre, lavorare in gruppo senza creare difficoltà. Io ti prendo, ti provo, ti spremo: se le tue capacità mi costano troppo ti mando a casa e prendo un altro. L'altra nuova dimensione sono i professionisti per forza. Gente cioè che per lavorare è obbligata ad aprire partita iva: perchè le aziende non assumono più, togliendosi così ogni responsabilità. Aprire partita iva costa soprattutto nel mantenerla nel tempo: non solo si dev'essere capaci a fare il proprio lavoro ma anche diventare manager di se stessi. Per non perderci dei soldi, per non rivolgersi ad altri professionisti desiderosi di 'darti una mano'. E se vogliamo aprire la discussione a tutte qui dottori in materie umanistiche che proprio non sanno che pesci pigliare basti pensare ai tanti laureati in lingue, costretti a prendere lavori di interpretariato magari nella cameretta di casa oppure emigrare all'estero ad insegnare la madrelingua in un altro paese. Oppure accontentarsi di prendere ciò che passa al convento, malpagati, senza ferie e soprattutto non facendo ciò per il quale avresti studiato.Secondo l'istat solo il 50% dei laureati 'brevi' e il 58% di quelli con laurea vecchio ordinamento fanno un lavoro coerente con ciò che hanno approfondito nella loro carriera. Di sicuro i più penalizzati sono proprio quelli che hanno scelto discipline umanistiche che però possono anzi potevano partecipare a qualsiasi concorso con buone speranze di assunzione. No, non vale più: perchè oggi oltre alla laurea è richiesta la conoscenza certificata di una lingua (quindi corso extra-ateneo a pagamento) e uno o più master (a pagamento). E per insegnare la Sis, che negli altri paesi dell'Ue non esiste e in Italia riempie enormi sacche di precari, desiderose di picchiarsi per una cattedra di sostegno.E se per il concorso per 404 posti da impiegato (udite, udite!) all'Inail si sono presentati in 20mila, capite bene che gli spiragli sono pochi o nulli. Il posto fisso è utopia perchè gli ingressi nel settore pubblico sono bloccati da anni e, diciamolo una buona volta, il 70% (e sono stato buono!) dei posti è già destinato a mogli, figli, amici, cugini di chi muove i fili. Ed è sinceramente l'ora di finirla."

Che ne pensate?

martedì 17 giugno 2008

L'asta al ribasso del lavoro intellettuale

D’accordo di dare alle imprese la flessibilità di cui hanno bisogno, ma arrivare addirittura a leggere in un bando di concorso, come criterio di valutazione, questo: - ribasso compenso professionale ....……………………….max punti 10
mi pare, veramente, il massimo della esagerazione!
Requisiti: Laurea in Statistica o in Economia,
- esperienza specifica acquisita nell’ultimo quinquennio
in progetti o programmi analoghi a quelli oggetto dell’incarico, con particolare riferimento all’economia Inserisci linkdella provincia di Bologna.
Per il bando, leggete qui
Questo e’ il bell’esempio del nostro Paese che sa valorizzare i propri talenti, giusto?
Agli studiosi di economia, forniti di competenza altamente specializzata, il compenso, (uso le parole del bando di concorso) per un anno di lavoro, sara’ di 18.000 Euro lordi, che potra’, anche, essere piu’ basso grazie all’innovativa idea di trattare il lavoro intellettuale e, quindi il lavoratore, come una merce da aggiudicarsi in una gara d’appalto al ribasso!
Bella idea, vero? Mi pare che fino ad ora non ci aveva ancora pensato nessuno…
Sara’ forse l’inizio di una nuova era? Mi chiedo se e’ legale tutto questo o se e’ solo un’ ulteriore fantasia interpretativa della Legge Biagi…
Riflettiamoci….

venerdì 13 giugno 2008

Pensieri lavorativi....




Navigando nella rete mi sono soffermata su questa notizia, quella del rapporto sui diritti globali 2008 presentato da Cgil, Arci, Cnca, Gruppo Abele e Antigone e Forum Ambientalista.
Nel 2006 - si legge nel Rapporto - le assunzioni a tempo determinato hanno superato per la prima volta quelle a tempo indeterminato: 196mila contro 186mila su 320mila nuovi posti di lavoro e l'Istat dice che nel 2007 i lavoratori a termine erano 2 milioni 269mila per la maggioranza donne, mentre i lavoratori a tempo parziale erano 2 milioni e 421mila per quasi quattro quinti donne.
Questi i fatti, e allora?
Non è certo combattendo, a tutti i costi, queste nuove forme di lavoro che si risolve il problema, anzi…Rendiamo, allora, sì Flessibile il lavoro ma con le dovute sicurezze.
A me piace molto il modello del contratto unico di lavoro proposto tempo fa da Ichino (leggi qui ).
Basta poi, come dice sempre Ichino, al consolidamento del dualismo fra protetti e non protetti, e puntare su di un nuovo modello di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, capace di dare alle imprese la flessibilità di cui hanno bisogno, ma recidendo alla radice il fenomeno del precariato permanente.
Rivedere l’art. 18? Perché no se questo può aiutare più lavoratori. Anche perché, sempre secondo Ichino, l'articolo 18 dovrebbe continuare ad applicarsi per i licenziamenti disciplinari e contro quelli discriminatori, o per rappresaglia. È sui licenziamenti per motivi economici od organizzativi che occorre introdurre una tecnica protettiva diversa, di tipo nord-europeo.
Un esempio nord-europeo? (Leggi qui).
Cosa succede qui da noi quando un’azienda è in crisi, invece? Parte la C.I.G., ossia l’anticamera dei licenziamenti.
Bisognerebbe, invece, utilizzare i soldi pubblici per Riqualificare il lavoratore, anche a 50 anni, per ricominciare con un nuovo lavoro.
Riqualificare per Ripartire! Questo dovrebbe essere lo slogan. Basta solo con l’assistenzialismo. E.F. Schumacher, ha scritto: “Dai a tuo figlio un pesce: mangerà oggi; insegnagli a pescare: mangerà ogni giorno.”

domenica 1 giugno 2008

Discussione interessante...


Per chi dovesse trovarsi a Torino il 5 Giugno prossimo, segnalo questa presentazione del libro qui a fianco.
A discutere del libro insieme all’Autore sono chiamati due giovani, ovvero due appartenenti ad una delle categorie più penalizzate dalle inefficienze dello Stato, entrambi impegnati su questi temi: Antonio Marco D’Acri, che porterà il punto di vista dell’economia, e Augusta Montaruli, che porterà il punto di vista del diritto.
Moderera' l'amico Riccardo De Caria
Per tutte le informazioni leggete qui

Google